Dario Fo: San Francesco era uno di voi, il santo dei carcerati

Se sei sempre stato libero, il bisogno di esserlo non lo capisci. Poi ti capita di entrare qui, in un posto che credevi di conoscere perché è un nome entrato nell'immaginario collettivo come se fosse solo un simbolo e non un carcere: davanti a sbarre per nulla ideali, la libertà si trasforma in un sospiro di sollievo.

San Vittore è sporco di nebbia, di tempo sgretolato sopra i muri e dolore passato dentro le celle. In un "istituto di pena" il sentimento di umanità mandano in cortocircuito le certezze. A ogni cancello che attraversi e a ogni porta che si chiude dietro: sì, si vede ogni tanto in televisione, ma passare di lì con i propri piedi non è guardare, è vivere. Di colpo "dentro" e "fuori" smettono di essere gli avverbi di un appuntamento davanti al cinema, ma sono un'inevitabile condizione dell'essere. Oggi qui è una piccola festa, anzi una doppia festa.

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