Intervista a Dario Fo: “Il Senato offende la memoria di Franca”

 

Articolo di Elisabetta Ambrosi pubblicato su Il Fatto Quotidiano

UNA COMMEMORAZIONE DI CINQUE MINUTI IN AULA CON I PARENTI (IL PREMIO NOBEL E IL FIGLIO JACOPO) IN PICCIONAIA: “ASSURDO”

 

 

Seduto in piccionaia, come un estraneo, un giornalista straniero, uno qualunque. Così avrebbe dovuto assistere Dario Fo alla commemorazione di Franca Rame prevista per mercoledì prossimo in Senato. Tempo previsto per il rito: cinque minuti secchi, senza che a lui, premio Nobel e compagno di una vita, fosse permesso di dire una sola parola di ricordo. Per questo, né Dario Fo, che si dice “sgomento e offeso”, né suo figlio Jacopo, saranno seduti lassù, per assistere ad una celebrazione in cui “qualcuno si prenderà la briga di prendere la parola giusto per ricordare che Franca Rame è stata due anni senatrice”.

Dario Fo, cos’è successo?

Col pretesto delle consuetudini, che diventano regole assolute, hanno deciso di ricordare Franca in pochi minuti. Una persona che non è mai stata una donna comoda, ha sempre contestato la superficialità e la tendenza a rimandare ogni riforma e legge fondamentale, come per esempio il conflitto di interessi. Franca non è una donna che è arrivata alla politica per caso, ha fatto politica fin da ragazza, da quando aveva vent’anni. Dalle lotte nelle fabbriche in occupazione al “soccorso rosso” – quando grazie a lei decine di avvocati si prestarono per difendere i ragazzi del movimento studentesco in galera e gli operai arrestati – agli interventi contro le condanne dei malati di Aids imprigionati per droga. Ha assistito per anni i malati terminali, ha fatto battaglie sulle morti bianche, gli emigrati trattati come criminali, la morte dei soldati contaminati dall’uranio impoverito. E, mi faccia aggiungere, è stata la sola che ha dato le dimissioni dal Senato senza preoccuparsi di ottenere la pensione come avrebbero fatto tutti, in modo sconcio.

Eppure tutto ciò andrà detto in cinque minuti.

Ecco. Una persona che ha dato la vita per quelle che si chiamano battaglie culturali, morali, contro l’egemonia dei ladri di regime, contro la miseria intellettuale, la si ricorda così. E io non avrei potuto parlare. “Non è nell’uso”, mi hanno detto i vari tirapiedi incaricati che mi hanno chiamato al telefono. Ma forse, al di là della consuetudine, dietro questa decisione c’è un’altra ragione.

Quale?

Franca uscirà in ottobre con un libro che si chiama proprio Fuga dal Senato (Chiarelettere, ndr), a mio avviso hanno messo le mani avanti, e hanno deciso di celebrarla prima. Perché in queste pagine attacca il Senato e ha espressioni piuttosto dure con gli eletti, oltre a dire la verità su cose che sono state sempre taciute: dal problema della guerra a quello dello sfruttamento del gioco d’azzardo, all’uranio impoverito e tutte le truffalderie dei personaggi che hanno cambiato casacca. Cose delicate, appunto, ma ben documentate. Un libro tosto, e anche spiritoso.

Il giorno prima di Franca sarà commemorato Giulio Andreotti. Che effetto le fa?

Non lo sapevo. Bene, faranno in modo che siano tutte dello stesso peso, anche se sarà difficile che possano parlare cinque minuti di Andreotti. Comunque si commemora Franca insieme a uno che è stato processato per i suoi rapporti con la mafia, il responsabile della condanna a morte di Moro. Con lo stesso rito. Tutto ciò è allucinante. La violenza nei nostri riguardi è stata estrema – basta ricordare quella subita da Franca dal commando delle cosiddette “forze deviate”, una base di carabinieri – e continua anche ora, dopo la sua scomparsa.

Quest’autunno ci saranno altre commemorazioni di Franca più degne.

All’estero e in Italia l’hanno ricordata in modo altamente civile e pieno di ammirazione, di rispetto. È impressionante la quantità di compagnie che hanno deciso di mettere in scena i suoi monologhi, ogni giorno ne ricevo notizia dal mio ufficio. Io sono qui a Milano, dove lunedì ci sarà, al Palazzo Reale, la proiezione del film con la ripresa dell’ultimo lavoro che abbiamo recitato insieme, Picasso Desnudo, un anno fa, al Teatro Dal Verme. Il nostro ultimo spettacolo, quando metà del pubblico rimase fuori. No, non posso lamentarmi dell’atteggiamento dei colleghi e della partecipazione della gente. Il comportamento dei politici, invece, lo do per scontato. Mi sento offeso, è il minimo che possa dire.