Rassegna stampa

[STAMPA] PISA. Dario Fo e Franca Rame: si presenta il loro libro

dario fo e franca ramePresentazione del libro "Dario Fo e Franca Rame, una vita per l’arte. Bozzetti, figure, scene pittoriche e teatrali" a cura di Anna Barsotti e Eva Marinai, Titivillus, Corazzano, San Miniato (Pi), 2011.
Volume nato a seguito della Mostra – inaugurata da Fo e dalla Rame in persona – e del Convegno di Pontedera.

Presenta la Prof.ssa Marzia Pieri (Docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo - Università di Siena), intervengono le curatrici alla presenza degli Assessori Silvia Pagnin (Provincia di Pisa) e Stefano Tognarelli (Comune di Pontedera) e di alcuni degli autori (Marcello Ciccuto, Micle Contorno, Bruna Niccoli, Simone Soriani...).

Dario Fo, Premio Nobel per la Letteratura (1997), e la compagna di vita e d’arte Franca Rame continuano ad avere un’importante eco nel nostro territorio, dopo l’evento Mostra “Pupazzi con rabbia e sentimento” allestita nelle tre sedi Centro per l’arte Cirri - Museo Piaggio - Centrum Sete Sois Sete Luas nella primavera del 2010, grazie all’operazione artistico-culturale dell’allora Assessore alla Cultura (oggi alle Attività produttive) Stefano Tognarelli, assieme alla Dott.ssa Silvia Guidi e al suo staff; evento patrocinato dalla Regione Toscana, dalla Provincia di Pisa e dal Comune di Pontedera.

In seno alla Mostra che ebbe grande risonanza, l’ultra ottantenne Dario Fo, con l’energia e l’entusiasmo di un ragazzino innamorato della forza rivoluzionaria e propulsiva dell’arte e del teatro, ma con l’esperienza di un attore-autore navigato presentò al Teatro Era, in anteprima nazionale, lo spettacolo “Dipingere è come recitare” e fu anche latore di un Convegno Internazionale di Studi, promosso in occasione dei più che cinquant’anni di attività della coppia d’oro del Teatro italiano, riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo.

Le docenti della Facoltà di Lettere dell’Università di Pisa, prof.sse Anna Barsotti e Eva Marinai, curatrici del Convegno organizzato in collaborazione con il Museo Piaggio, La Fondazione Pontedera Teatro e il Comune di Pontedera, presentano gli “Atti” di quella intensa giornata di riflessioni sulla contaminazione tra teatro e pittura, parola e immagine nell’opera dei due poliedrici artisti della scena contemporanea. La presentazione avverrà venerdì 28 ottobre alle ore 16.15 al Ridotto del Teatro Verdi di Pisa alla presenza degli Assessori Tognarelli e Pagnin e con la relazione introduttiva della prof.ssa Marzia Pieri, docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo all’Università di Siena.

Il volume, dal titolo significativo “Dario Fo e Franca Rame, una vita per l’arte. Bozzetti, figure, scene pittoriche e teatrali”, è edito dalla casa editrice Titivillus di Corazzano-San Miniato (Pi) e vanta al suo interno scritti di studiosi di livello internazionale che hanno valso alle curatrici anche inviti a presentazioni estere del lavoro di ricerca svolto, in particolare agli Istituti di Cultura Italiana di Edimburgo in Scozia e di Grenoble in Francia.

L’evento di Pontedera, dunque, e la riflessione intorno all’opera del Premio Nobel promossa dal Comune hanno dato avvio ad una serie ulteriore di percorsi di carattere interculturale che ha visto proprio in Pontedera il fulcro di una attività di risonanza europea.

Pisa - Teatro Verdi - venerdì 28 Ottobre 2011 ore 16.15

 

fonte: ognisette.it


[STAMPA] Capitale Europea della Cultura 2019 Dario Fo: «Ravenna città straordinaria»

RAVENNA. « Bisogna ricordare ai cittadini di Ravenna che la storia della loro città è straordinaria, ma loro non hanno coscienza della sua importanza per l’umanità, e vivono come se abitassero in un qualsiasi centro sconosciuto. Se chi abita questa città non ha coscienza, poi è difficile coinvolgere e convincere quelli che vengono dall’esterno».

Dario Fo, protagonista assoluto del teatro italiano, commediografo, regista, scrittore, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1997, ha ricevuto nel 1999 la cittadinanza onoraria di Ravenna per il suo rapporto «costante e fecondo» con la città.

Maestro, Ravenna ha qualche possibilità di diventare la capitale europea della cultura nel 2019?
«Tutto dipende da come si riesce ad impostare l’operazione. Ravenna parte con un grande vantaggio su quasi tutte le città in lizza, può esibire una cultura, possiede dei monumenti unici e irripetibili, e non bisogna mai dimenticare che Ravenna è stata capitale dell’Impero d’Occidente e d’Oriente per lungo tempo, ha avuto come fondatori addirittura imperatori romani di grande intelligenza e cultura. E’ poi una città importante sul piano del mercato, della navigazione e anche delle industrie. Ma certo è che la voce maggiore è senz’altro quella dei grandi momenti culturali. Devo dire, per quello che ho vissuto in Ravenna, vi sono delle situazioni negative, per esempio quella di aver trasportato l’Accademia del mosaico fuori della città, in una condizione ormai quasi inesistente, abbandonata a sé. C’è stata molta disattenzione. Io adoro Ravenna, ho scritto anche il testo La vera storia di Ravenna, che è ancora in libreria adesso dopo tanti anni, dopo tre edizioni e tanta vendita». 

Se lei fosse il sindaco di Ravenna, cosa farebbe?
«Non conosco quello che ha fatto l’attuale sindaco, magari anche cose stupende. Io cercherei di coinvolgere profondamente le accademie, i teatri, soprattutto i giovani, le scuole da quelle elementari fino all’università. Proprio nel tempo dell’edizione de La vera storia di Ravenna, siamo andati avanti a raccontare le vicende di Ravenna attraverso un film, coinvolgendo i ragazzini e le scuole. E’ stato un lavoro straordinario sull’impianto di questa città antica e attuale: era talmente vasto l’argomento che abbiamo dovuto dividerlo in due sezioni. Ma il dvd non è stato ancora programmato. Basterebbe quel documento a produrre un notevole aiuto alla scalata che il Comune e i ravennati stanno cercando di realizzare».

Simone Ortolani

fonte: corriereromagna.it


[STAMPA] Dario Fo e Franca Rame - Ospiti il 20 ottobre dell'Università La Sapienza di Roma

Il premio Nobel Dario Fo e Franca Rame saranno gli ospiti d'onore della manifestazione organizzata dalla Dott.ssa Marisa Pizza per la presentazione di ECLAP che avrà luogo a Roma giovedì 20 ottobre 2011, grazie al Centro Teatro Ateneo della Sapienza Università di Roma e con la collaborazione dell’Università degli Studi di Firenze (coordinatore di ECLAP), della Compagnia Teatrale Fo-Rame e della Fondazione Rinascimento Digitale e del MIBAC- Direzione Generale per lo Spettacolo dal vivo.

ECLAP è il nuovo archivio online delle arti dello spettacolo in Europa, co-finanziato dal Programma ICT- PSP CIP della Commissione europea: per la prima volta, le collezioni dei più importanti istituti e archivi europei delle arti dello spettacolo - prime fra tutte, in Italia, quella di Dario Fo e Franca Rame e quella del Centro Teatro Ateneo - saranno accessibili online attraverso un portale dedicato e attraverso EUROPEANA, la biblioteca digitale europea, con la traduzione dei metadati nelle maggiori lingue.

Nel corso dell’evento, il secondo di un ciclo di appuntamenti internazionali previsti da ECLAP, Dario Fo e Franca Rame presenteranno il loro archivio, in cui sono conservati documenti, video, immagini e testi di oltre 50 anni di attività della Compagnia Teatrale Dario Fo e Franca Rame. I materiali saranno messi a disposizione di ECLAP e confluiranno in Europeana. “Aderendo a ECLAP – sottolinea Dario Fo – intendiamo sostenerne il programma di conservazione valorizzazione e uso sociale del patrimonio artistico, reso possibile da un portale unico di accesso delle arti performative con diffusione nella Digital Library di Europeana”. Esiste, infatti, un ricco patrimonio di film, registrazioni, audiovisivi, immagini, schizzi, bozzetti, molti dei quali sono conservati in archivi e luoghi separati sparsi in tutta Europa che altrimenti rischierebbe di andare disperso.

 

11 ottobre 2011 Roma fonte: ustation.it


[STAMPA] Dario Fo: “Tutti dobbiamo darci da fare”

‘Ricucire l’Italia’: in ventimila a Milano Dario Fo: “Tutti dobbiamo darci da fare”
Personalità della cultura, politici, giornalisti e società civile 'in piazza' per l'evento. Il sindaco Pisapia: "Il berlusconismo sta finendo, vinceremo di nuovo". Saviano: "E' il momento di osare di più"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 8 ottobre 2011

manifestazione milano dario fo “E’arrivato il momento in cui tutti ci dobbiamo dare da fare per il bene della collettività”: l’appello del premio Nobel Dario Fo è forse la sintesi più riuscita di “Ricucire l’Italia” , la manifestazione organizzata da ‘Libertà e Giustizia‘ all’Arco della pace di Milano. Sole, vento, tante personalità sul palco, quasi 25mila persone ad ascoltare gli interventi: sono gli ingredienti di un successo che sembra essere la seconda tappa di quanto avvenuto a febbraio scorso, quando l’associazione chiese pubblicamente le dimissioni di Berlusconi. Dai 10mila del Palasharp ai 25mila di oggi il passo è breve. “Le piazze si riempiono quando non sono i partiti a chiamarle” ha detto il vicedirettore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, che ha interpretato in tal maniera la voglia di cambiamento proveniente dalla base del Paese.
“Proviamo scandalo per ciò che traspare dalle stanze del governo, ma ci pare anche più gravemente offensivo del pudore politico un Parlamento che, in maggioranza, continua a sostenerlo, al di là di ogni dignità personale dei suoi membri”: è ciò che ha scritto, invece, il presidente emerito della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky nell’appello in apertura dell’evento. Su intercettazioni e legge bavaglio, ha aggiunto: “In democrazia è importante conoscere anche ciò che non è penalmente rilevante”. Gli ha fatto eco Marco Travaglio, che ha ricordato come il bavaglio non sia una creatura solo di centrodestra, visto che tutto l’arco parlamentare lo ha voluto, tranne qualche rara eccezione. Per il giornalista, inoltre, non ci si può fidare di una maggioranza che parla della possibilità di inserire l’ennesima sanatoria nel dl sviluppo dopo averne fatti già 18 in pochi anni.
Ad aprire le danze è stata Sandra Bonsanti, presidente dell’associazione organizzatrice, che dopo aver citato Primo Levi e Don Ciotti, chiesto un minuto di silenzio per le donne di Barletta e detto che “la società civile vuole pesare” (“non voteremo chi vota la legge bavaglio”), ha letto un messaggio inviato per l’occasione da Umberto Eco. “In questo spaventoso declino della vita politica italiana facciamo sentire la voce di una società civile ancora sana, così da far capire anche all’estero che l’Italia vera siamo noi” ha scritto il professore.
Numerose le personalità alternatesi sul palco, con Luisella Costamagna a coordinarne gli interventi. Presenti gli storici Paul Ginsborg e Salvatore Veca, gli ex magistrati Bruno Tinti e Giuliano Turone, il sociologo Marco Revelli, il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia, Claudio Fava di ‘Libera’, il segretario della Fnsi Franco Siddi, i costituzionalisti Lorenza Carlassare e Valerio Onida, i giornalisti Michele Serra, Lirio Abbate e, come detto, Marco Travaglio, più tutta una serie di altri ospiti di rilievo.
Dopo l’intervento di Sandra Bonsanti, il primo a parlare è stato il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che dal palco si è detto sicuro della imminente fine politica di Berlusconi e della sua coalizione. “Milano è la città da cui è partito il cambiamento dell’Italia – ha detto il primo cittadino – . Al Palasharp – ha ricordato – io avevo lanciato una sfida a Berlusconi, dicendovi ‘la prossima volta sarò il vostro sindaco’. Abbiamo vinto a maggio scorso e vinceremo la prossima volta, che sono convinto sarà presto”. Successivamente, Pisapia ha parlato della manovra finanziaria e delle conseguenze funeste che essa ha avuto e continuerà ad avere nelle politiche degli enti locali, collegando i due aspetti. “Il governo ha capito che dalle città si sta alzando un vento nuovo, perciò con la manovra penalizza le risorse locali per frenare il cambiamento, ma il vento nuovo continuerà ad alzarsi” ha detto il sindaco, che poi ha lasciato spazio al primo frammento del videomessaggio inviato dallo scrittore Roberto Saviano.
L’autore di Gomorra ha rivendicato il “diritto alla felicità” che “non può che avvenire in una società di diritto”. Poi ha parlato del crollo di Barletta e della morte delle operaie senza contratto. “Il lavoro nero sta proteggendo l’Italia dalla crisi spesso i padroni sono ex lavoratori in nero a loro volta che vivono in queste condizioni – ha detto Saviano - . Trovarsi insieme è un modo di non perdere la speranza, di resistere all’idea che il talento non serva nulla, che vale una segnalazione. Se ragioniamo così hanno già vinto loro, chi è in questo momento al governo, cerca di far passare l’adagio che siamo tutti uguali e che chi critica è ipocrita, perché si comporta nello stesso modo e vuole solo la nostra poltrona”. Come si risponde a tutto questo? Per Saviano non ci sono dubbi: “Trovando la possibilità di coinvolgere le persone in un grande progetto di riforme per cambiare passo e superare questa realtà ossidata”. Questo, per lo scrittore “è il momento di osare di più”.

 

Simile il pensiero del premio Nobel Dario Fo, secondo cui nella contingenza “tutti devono darsi da fare in prima persona. Serve una partecipazione straordinaria, bisogna discutere, litigare e cercare di venire avanti avendo come obiettivo gli interessi della collettività. Ognuno si deve interessare ai problemi degli altri: non per curiosità, ma per amore verso gli altri”. Lo storico inglese Paul Ginsborg, invece, ha offerto una visione ‘altra’ della fine di Silvio Berlusconi, che “non è crollato, è un uomo molto tenace e determinato. E’ stato sottovalutato mille volte, ma è un uomo che combatte fino alla fine”. “Questo è un regime – ha continuato Ginsborg – tante volte il Corriere della sera e anche nel centrosinistra ci hanno deriso per averlo detto. In realtà questo è un regime caratterizzato da un conflitto d’interessi patologico che deforma la democrazia, ma è difficile che riesca ad andare oltre il 2013. Neanche Houdini-Berlusconi può fare così tanto”. Ginsborg, poi, ha parlato da una prospettiva ‘internazionale’ sulla situazione italiana: “In Europa ci si chiede come mai non riuscite a liberarvi di Berlusconi – ha detto -. E’ una cosa difficile da spiegare. Ma certo con una maggioranza in Parlamento, Napolitano non può sciogliere le Camere”. La situazione, a sentire Ginsborg, “fa malissimo all’immagine dell’Italia, anche sui mercati finanziari”. Tra i tanti interventi, da segnalare lo sguardo al futuro del presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia, secondo cui la situazione è ormai intollerabile. “Non basta più pensare solo alla fine di questo governo, bisogna anche pensare a che cosa faremo dopo. La maschera è caduta, non possiamo aspettare un 25 luglio che non sappiamo se ci sarà” ha detto Smuraglia. Piazza piena, impegno civile, idee per il futuro e lotta per la libertà d’informazione nel presente: il messaggio di ‘Ricucire l’Italia” è chiaro; l’intervento di chiusura di Gustavo Zagrebelsky lo riassume al meglio: “Non ci dicano che questa nostra piazza è una piazza antipolitica o apolitica – ha detto il presidente emerito della Corte Costituzionale – . E’ una piazza prepolitica, perché da qui parte una domanda ai nostri partiti politici di riferimento, quali che essi siano, affinché recuperino la loro funzione politica”. La ricetta di Zagrebelsky è una sola: “abbandonare le divisioni di tipo personale, le correnti e trovare l’unità attorno a qualche grande idea politica, senza programmi elettorali di ottanta pagine. Si rendano conto che ciò di cui abbiamo bisogno è la loro presenza. E si rendano conto che, se questo vuoto non viene colmato rapidamente, è in discussione la democrazia”. Come dire: una piazza per la democrazia.

 

fonte: ilfattoquotidiano.it


[STAMPA] "La pittura di un narratore" - Una personale sull'arte di Dario Fo

Chiasso, 13 settembre 2011  di Maria Luisa Prete

dario fo pittoreÈ stato presentato al centro svizzero di Milano il programma espositivo del Max, museo di Chiasso. Grande protagonista della stagione autunnale, presente anche alla conferenza stampa, il premio Nobel Dario Fo. Tra le grandi esposizioni, infatti, un posto di primo piano spetta alla Pittura di un narratore (dal 22 settembre al 15 gennaio 2012): un'importante antologica dell’autore, del quale vengono esposte oltre 200 opere, fra cui numerosi inediti. Opere a olio di grande formato, affiancate da studi in matita, bozzetti, disegni policromi, litografie, arazzi e collage – alcuni dei quali esposti per la prima volta – che permettono di comprendere l’articolata ricerca artistica e il pensiero del maestro Dario Fo nel corso di sessantacinque anni di intensa attività. Nella sala video del museo sono visibili dei filmati che propongono un percorso “ragionato” sul tema autobiografico riferito al particolare rapporto di Dario Fo con la pittura, riletto attraverso le sue rappresentazioni dedicate ad artisti quali Leonardo, Raffaello, Michelangniolo, Correggio, Caravaggio, i maestri del Duomo di Modena e, proposto per la prima volta al Max museo in questa chiave di lettura, dal regista Felice Cappa.

«Ho cominciato a dipingere proprio al confine, a 5 anni racconta Fo alla conferenza stampaospite a casa di uno zio acquisito che amava tantissimo la pittura, lui svizzero e la zia italiana, lo zio faceva il vigile e aveva una divisa bellissima. Mi fece un regalo fantastico: colori, carta e addirittura tavole, così iniziai a dipingere. Più tardi, quasi 10 anni dopo, ritornando in questo luogo, ho visto una decina di mie tavole appese al muro e ho visto un pittore. In poche parole, il fatto di tornare dove ho cominciato è sempre un brivido una emozione».
«In questa mostra c’è la storia della mia vita – ha aggiunto Fo – dal liceo, all’accademia, la pittura in Svizzera e in Francia. Nel dopoguerra non si aveva paura di cercare soluzioni nuove, di andare oltre certi confini, ci si muoveva, abbiamo dipinto in tutte le direzioni. Non era un dipingere per apparire diversi ma solo per sperimentare, per studiare e scoprire il significato del valore della pittura, della scenografia ecc. All’Accademia di Brera ho partecipato a lezioni di scenografia, scultura, le materie non erano staccate come oggi ma si faceva tutto assieme, negli anni ho cercato di salvare quell’idea di arti che si fondono e che ancora mi porto dietro. Pochi sanno che a Brera sono passati grandi pittori stranieri, oggi anche importanti, arrivati dalla Francia e dalla Spagna. Ho recitato i pezzi che prima ho dipinto. Io sono un pittore professionista che ha deciso di fare l’attore e il regista».

Fino al 15 gennaio 2012
Max museo, via Dante Alighieri 6, Chiasso
Info: 0041916825656; www.maxmuseo.ch

 

fonte: insideart.eu


[STAMPA] Note di regia di "Mistero Buffo 3D"

mistero buffoProporre Mistero Buffo in un film 3D non è altro che continuare a rinnovare con i linguaggi e le tecniche di oggi una ricerca cominciata da Dario Fo e Franca Rame nel 1966 e che ha prodotto uno dei più importanti testi della cultura contemporanea.

Mistero Buffo è un capolavoro della letterature teatrale, uno delle opere che più hanno contribuito all’evoluzione della storia del teatro nell’ultimo secolo, non a caso consacrata dal Premio Nobel nel 1997. Ma non è solo questo.

Se si consulta il ricchissimo archivio Fo-Rame (www.francarame.it), si scopre come Mistero Buffo sia nato come una ricerca e una riscrittura della cultura popolare fatta anche tramite le immagini da essa prodotte, oltre che attraverso il recupero e la reinvenzione della tradizione scritta e orale.

Già nei primi appunti su Mistero Buffo si trovano scalette di quello che è l’embrione della lezione-spettacolo, con l’indicazione dell’uso di “lastrine”, ovvero immagini tratte dall’iconografia medioevale, che sarebbero state proiettate in scena. E così nelle prime rappresentazioni, proprio a partire da queste immagini, Dario ha cominciato a costruire i prologhi e a creare le sue affabulazioni.

La straordinaria presenza scenica di Fo, la sua arte anti-mimica, ha poi preso il sopravvento e ha fatto sì che Mistero Buffo fosse rappresentato anche senza il contributo visivo, una semplificazione che rimandava all’arte semplice e diretta dei giullari, che non avevano bisogno di teatri o saloni, ma utilizzavano le strade, le piazze, le corti e che, nel Novecento, è stata proficuamente ripresa e ha riaperto la strada a vari filoni della live performance che oggi dominano le scene, dal cabaret all’one-man-show, al fortunato fenomeno che oggi genericamente viene chiamato “teatro di narrazione”.

Ma l’impronta dell’immaginazione visiva - che è alla base della rivoluzione di Mistero Buffo - rimane comunque presente. Dario, che è pittore, prima ancora che attore, drammaturgo e regista, ripropone in scena quello che la cultura “bassa” ha elaborato e trasmesso, oltre che attraverso i canti, i canovacci delle rappresentazioni religiose e le giullarate, anche con i “libri di pietra” delle cattedrali (le statue, i bassorilievi, ma anche le vetrate), con le tessere dei mosaici, con le sculture lignee dei compianti e delle deposizioni, con le miniature dei codici e, naturalmente, con la stupefacente avventura della pittura occidentale.

L’immagine, dunque, come testimonianza e fonte di cultura, ma anche come componente essenziale del teatro che, da sempre, è arte totale per eccellenza.

Ma tutta questa ricerca ha sempre come origine un obiettivo sociale, politico che si può riassumere nella necessità di mettere in scena e di creare non solo per il pubblico, ma insieme al pubblico.

Il pubblico di ieri, che ha contribuito con le sue tradizioni e i suoi miti a trasmettere valori e conoscenze, ispirando, avvalorando e conservando le opere degli artisti del passato, e il pubblico di oggi che, con la sua partecipazione a un evento come il teatro, dà il suo apporto, ispirando contenuti e partecipando alla codifica del testo.

Sulla base di un primo canovaccio scritto e delle immagini – che quando non erano proiezioni erano scenografie, costumi, trovate che facevano scattare l’immaginazione – Dario e Franca hanno sempre interpretato delle performance creative, in continuo movimento, spettacoli in progress, che, replica dopo replica, hanno fatto sì che si sedimentasse un testo (inteso nella complessità di tutti i linguaggi presenti nel teatro) sempre nuovo e reinventato, dove un pubblico vivo e attivo si sente complice e protagonista e non semplice destinatario passivo.

L'idea di riprendere Mistero Buffo in 3D continua in questa direzione. E’ un ulteriore tentativo di far dialogare la narrazione orale, che può essere considerata la più antica forma di rappresentazione, con l'immagine in 3D, che sta creando nuove modalità di fruizione del cinema e della televisione.

La ricerca si arricchisce anche di un aspetto originale, tenta di trovare una strada nuova nella contraddizione tra lo spettacolo dal vivo e la sua riproduzione.

Questo lavoro mette l’accento sul corpo a corpo tra teatro e rappresentazione visiva, che ha nello spettatore la vera posta in gioco. Lo spettatore nella sua funzione creativa, nel suo essere parte integrante ed essenziale di un’arte che abbia un senso profondo per la comunità.

Nel Mistero Buffo in 3D, il pubblico è co-protagonista dello spettacolo, sia per come è costruito, fin dall’origine il testo, sia per come abbiamo creato la scena. Non c’è frattura tra palco e platea, più che una messa in scena, si cerca di ricreare una comunicazione rituale: l'attore non è mai ripreso da solo nelle sequenze, ma è sempre inquadrato insieme agli spettatori che, con la loro presenza, fanno sì che l'evento abbia luogo. Ed è per questo motivo che il pubblico è presente anche sul palcoscenito e fa da “quinta”. In questo modo, nelle riprese si vedono Franca e Dario che raccontano e, contemporaneamente, è sempre presente il pubblico con le sue reazioni; inoltre, il pubblico è anche riprodotto sul fondo del palco, grazie a una schiera di sagome poste su diversi livelli di profondità e si riverbera sul fondale che riproduce una grandi delle icone del popolo: il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, ridipinto e moltiplicato da Dario.

Questo allestimento scenico è stato pensato così e realizzato proprio per valorizzare il set delle riprese in 3D e ci sembra che, anche metaforicamente, esso ricrei uno spazio collettivo dove può compiersi quell’atto magico in cui una comunità si ritrova e si rappresenta, condividendo con spirito critico valori e prospettive.

Felice Cappa
fonte: cinemaitaliano.info


[STAMPA] CANZONISSIMA – spettacolo musicale abbinato alla Lotteria di Capodanno – presentano Dario Fo e Franca Rame

(1962) - CANZONISSIMA (12 ottobre) – spettacolo musicale abbinato alla Lotteria di Capodanno – presentano Dario Fo e Franca Rame

 

 

CANZONISSIMA CHE PASSIONE!.

Prendete quarantotto fra le canzoni più popolari degli ultimi cinque anni, aggiungete due pizzichi di ‘paprika’ (Dario Fo e Franca Rame), fate scrivere il copione da tre acrobati dell’umorismo (Fo, Chiosso e Molinari), condite il tutto con un’orchestra ricca di possibilità (quella di Gigi Cichellero), mettete ogni cosa in un grosso cappello a cilindro, agitate con una bacchetta magica e sfornerete sul tavolo una spumeggiante edizione di Canzonissima. […]
Per quanto riguarda lo spettacolo, Fo e sua moglie Franca Rame cercheranno di legare le varie canzoni con ‘gags’, ‘sketches’, siparietti veloci, brevi, pungenti, briosi, spiritosi, nello stile ormai consueto, mordace ma accessibile a tutti. […].
estratto da "Settimana Radio TV" – (7-13 ottobre)
http://www.mediafire.com/?ba0hnupovhxdhry

 

fonte: paperblog.com


[STAMPA] "COME TI FO" - Stefano Vicentini su "Il Boccaccio riveduto e scorretto"

Un capolavoro «riveduto e scorretto». Ma non tradito Dario Fo spiega, interpreta e riscrive il «Decamerone» e sfiora la grandezza dell'autore. «Cambio i finali dove serve. Il permesso? Me l'ha dato Bernard Shaw»

Chissà di quale dei tre narratori maschili del Decamerone, accanto a sette fanciulle, Dario Fo vestirebbe più volentieri i panni: Dioneo, licenzioso e ridanciano cantore di corna muliebri? Il più maturo Panfilo, cavalier cortese rivestito d'elegiaco sentimento? O Filostrato, voce patetica delle pene d'amore finite in tragedia (caratteri peraltro ricavati dall'etimologia dei nomi greci). Diamogli comunque una veste di broccato e una briosa gagliardia giovanile per entrare nella brigata dei novellatori assoldata dal Boccaccio. A buon diritto, senza dubbio. Perché a 85 anni il premio Nobel ha ancora una ricca vitalità da esprimere e una miniera di racconti che ridestano il gusto affabulatorio antico.

Nel suo ultimo libro, Il Boccaccio riveduto e scorretto, a cura di Franca Rame sua moglie (Guanda, 448 pagine, 22 euro), Dario Fo dipana tredici riletture che danno una prova concreta del vitalissimo mondo medievale del Trecento. Sia beninteso che l'autore, seguendo le storie del Boccaccio nate da esperienze di vita tra Napoli e Firenze, non offre un'interpretazione illusoria e smagata della società, che anzi conosceva bene l'arrivismo e la bancarotta, l'azione azzardata e la falsa parola, la ribalderia dei potenti e il delitto di sangue, persecuzioni e censure. Ma ripercorre quei vissuti quotidiani proprio con lo sguardo, tutto sommato distaccato e indulgente, che ebbe il grande maestro, lontano dallo scandalizzarsi o dal denunciare apertamente le ingiustizie — anche per non finire come Iacopone da Todi, Dante o più tardi Savonarola, indignati che invece pagarono di persona. Lo sghignazzo e lo sberleffo antichi sopravvivono proprio per come gli autori satirici li hanno portati nella letteratura, filtrandoli cioè con meccanismi di reinterpretazione e suggestione simbolica, o sviamenti di convenienza. Fo cita, ad esempio, l'omertà di Boccaccio sull'accusa alla regina Giovanna d'Angiò di aver assistito impassibile all'assassinio del marito, principe d'Ungheria. Allora ognuno sarà libero di attualizzare come crede i cari personaggi del Decamerone, così non moriranno mai: ser Ciappelletto, Abraam giudeo, Andreuccio da Perugia, Lisabetta da Messina, Calandrino e gli altri.

Con libertà artistica Dario Fo si è autorizzato a ricostruire memorabili vicende, ora cambiandone il finale ora narrandole in volgare, ora accentuando l'espressività ora alludendo al contesto storico: il paziente studio e la maestria della ricomposizione, tra biografia e racconti, hanno dato un felice esito. Piacevole anche la scelta di corredare le pagine con un'autentica galleria d'arte, quasi 200 tra dipinti e disegni realizzati dallo stesso Fo, che dà il ritmo del racconto con figure dinamiche quasi sempre in atto di danza e una marcata vivacità coloristica. La rilettura d'autore di Boccaccio, del resto, non è nuova: Fo ricorda la lezione di «un grande uomo di cultura e spregiudicatezza quale Pier Paolo Pasolini, sensibile al valore di questo narratore di conte, alle cui favole dedicò un film» (1971). Stavolta però il libero riuso è diventato, come dice il titolo, uso «riveduto e scorretto». Così l'innocente Ginevra è vittima di una crudele scommessa, in cui il marito vuol metterne alla prova la fedeltà (seconda giornata, novella IX). Nel finale positivo, momento alto con l'apologia della dignità della donna ma anche con la sorpresa del perdono al marito ingannatore, interviene Fo: «Davanti a un "e vissero tutti felici e contenti" tanto scontato e squallido non ho potuto fare a meno di indignarmi e mi sono ribellato, ma con impaccio: non è cosa di tutti i giorni decidere di contestare e correggere il più grande novellatore italiano e il maggiore uomo di teatro della cultura anglosassone (novella ripresa in Cymbeline da Shakespeare). A darmi coraggio è stato Bernard Shaw che nel prologo dell'opera inglese dichiara: "Anche i grandi autori ogni tanto incappano in soluzioni sceniche di basso livello... è lì che bisogna entrare in loro soccorso e salvare il testo". E così sono intervenuto a piedi giunti, capovolgendo il finale di entrambi i testi».

Tra le altre storie, Andreuccio, domatore di cavalli venuto a Napoli per mercato, è ingannato da una bella tiratrappole che si spaccia per sua sorella, lo deruba e avvia per lui un giro di guai che lo portano perfino a precipitare nello sterco (2, V). Il correttore Fo nel suo finale assolve la donna: «E io benedico quella latrina che t'ha salvato! Te giuro che sarò bona e che non te arrobberò più veruna cosa, salvo lo core! D'altra parte che ce voi fare: io sono fémmena ma brigante e ogni tanto me capita de arrobbà e ammazzà... stàtte accorto!» Così Lisabetta da Messina, per una vendetta dei fratelli che le danno la testa mozzata dell'amato in un vaso (4, V), alla fine si ridesta da un'illusione circense e riabbraccia Lorenzo avvolto in bende ma sano; il beffato Calandrino invece, convinto dagli amici di diventare invisibile con un'elitropia, una pietra magica (8, III), indossa abiti da vescovo e, aiutato dalla fortuna, compie uno straordinario gesto diventando eroe. In ogni racconto, Fo sa creare con la sua arte della parola un brivido di piacere che sfiora la grandezza di Boccaccio.

Stefano Vicentini
fonte: bresciaoggi.it

 

 

 

 

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