Milano

Ciulla, il grande malfattore: il nuovo libro di Dario Fo e Piero Sciotto

IL LAZZI DEL GIULLARE - LA REPUBBLICA

Dario Fo se n'è subito innamorato, forse per quel cognome che ne anticipa i destino da giullare. Ciulla, il grande malfattore è il titolo del nuovo libro a cui sta lavorando il premio Nobel.

Al centro della scena il più geniale falsario dell'Italia liberale, Paolo Ciulla, nato a Caltagirone nel 1867. << Ciulla in siciliano significa burlone, figura clownesca >> raccanta Fo dalla sua casa di Milano. << Ciullare significa fare ironia, sfottere anche nel senso di fregare. Non fu Ciullo d'Alcamo l'autore di Rosa fresca aulentissima, straordinaria satira in rima contro Federico II? Di sarcasmo e inventiva p dotato anche il nostro Ciulla, un bravo artista constretto dalla fame a riprodurre monete false. Ma i primi soldi li regalò a barboni e poveri cristi, alimentando intorno a sé la leggenda. Quando Ciulla fu scoperto e processato si difese sostenendo che la vita può essere "più imbrogliona di un romanzo" >>

E il vivace dibattimento offre a Fo l'occasione per una grande pièce teatrale. << Sono incampato in questo personaggio paradossale grazie al mio amico Piero Sciotto. E' stato lui a raccogliere le carte e insieme abbiamo scritto questa storia che prima o poi porteremo anche sulla scena. Piero nel ruolo del giudice e io naturalmente in quello di Ciulla. >>

Intorno al gigante della "falsificheria" ruota il paese degli scandali e della corruzione, degli abusi edilizi e delle mafie. E' la Grande talia di Crispi e Giolitti che nella ricostruzione di Fo diventa un'inquietante fiaba gotica. << Ho scoperto un'Italia di tanto tempo fa, non così lontana dall'attuale. >>  In uscita da Guada a Novembre.

Articolo di Simonetta Fiori pubblicato su La Repubblica il 12-10-2014 a pagina 49.

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LA STORIA DI QU: Dario Fo presenta lo studio fatto dagli studenti della Scuola di Teatro Paolo Grassi a Milano

E’ chiaro che noi di questa banda di teatranti, sul successo di tutta l’operazione, scommettiamo tutto e, in particolare, scommettiamo che non finisce così con due repliche e via qui al Piccolo... ma che faremo l’impossibile, se ci date una mano, perché si vada avanti riprendendo non fra sei mesi come previsto, ma subito, immediatamente. Come diceva un antico saggio: in teatro chi perde il tram poi va a piedi o peggio in ginocchio. Soprattutto dobbiamo piantarla di dirci preoccupati per i giovani senza futuro, facciamolo adesso questo futuro per i giovani, non dopo, quando è diventato ormai il passato! Dario Fo

 

[una voce fuori campo annuncia: Signore e signori, Dario Fo!]

Eccomi! Indovinate chi sono! Mi hanno presentato prima che apparissi... per questo mi avete riconosciuto! Infatti questa gabbietta è fatta apposta per cancellare la faccia di chi la calza.

Questo che vedete è un aggeggio mortificante che in Cina nei tempi antichi si imponeva ai condannati al silenzio, in modo che non potessero più esprimere le proprie idee o confutare quelle del potere. Si chiamava anche gabbietta da morto, in quanto era il segno che chi la calzava avesse poco tempo da vivere ancora: era un condannato al supplizio definitivo, cioè al taglio della testa, ZAC!

Qualcuno di voi si chiederà: ma come mai si tira in ballo in ogni momento la Cina oggi? Ne parlano giornali di Confindustria, riviste di divulgazione culturale... e perfino quotidiani vescovili.

“Ma che sta succedendo?”

“Sta succedendo che entro pochi anni questa enorme nazione classificata fino a poco tempo fa come paese del terzo mondo diventerà la più grande potenza della terra. Tanto per cominciare, è notizia dell’altroieri, la più imponente quotazione in borsa di tutti i tempi non l’ha realizzata un’azienda di New York o della Silicon Valley come al solito, ma una compagnia di Hanghzou, nella provincia dello Zhejiang.

La Cina è oggi fra le più grandi potenze economiche del mondo e si permette di prestare miliardi a tutti il paesi del G8, compresa l’America.

Insomma il mantenimento degli equilibri mondiali in ambito commerciale, industriale e monetario dipende dalla Repubblica Popolare Cinese.

Come mai un simile sconvolgimento?

Beh, ve ne parleremo fra poco.

Ora, senza nostalgie per il tempo passato, voglio ricordarvi di quando io e Franca siamo stati per la prima volta in Cina. Si era a metà degli anni Settanta e Mao Tse Tung era ancora vivo. Io e Franca eravamo affascinati da tutto quello che vedevamo. La Cina ci è apparsa come un enorme popolo di ciclisti, milioni di ciclisti... fin dall’alba tutti andavano in bicicletta: quello era l’unico mezzo di locomozione che quel popolo possedesse.

Ti svegliavi alla mattina, andavi per strada e ti trovavi assalito da fiumi di uomini e donne che pedalavano e suonavano campanelli per non tirarti sotto, DIN DIN DIN!, milioni di campanelli trillanti.

Quando io e Franca andavamo intorno per un piccolo centro la gente del luogo si fermava attonita a guardarla, a guardare Franca naturalmente! Non avevano mai visto una donna al mondo abbigliata con tanta eccentricità: Franca vestiva abiti leggeri dai colori vistosi. Era bionda, anzi biondissima.

E i cinesi chiedevano stupiti ai nostri accompagnatori: “Ma chi è quella signora così sgargiante? Senz’altro dev’essere di una minoranza etnica, vero?” Anch’io e la mia minoranza etnica eravamo colpiti dallo stupore per tutto quello che incontravamo: città galleggianti sull’acqua, piccole venezie costruite nelle lagune, la grande muraglia che attraversava tutto un continente, migliaia di guerrieri in terracotta a grandezza naturale che facevano la guardia alla salma dell’imperatore defunto dieci secoli prima, spettacoli di acrobati che sembravano volare davvero nell’aria, flotte di navi con vele di canna intrecciata che viaggiavano su laghi d’acqua nera.

Ma la cosa che ci coinvolse maggiormente fu la scoperta di Lu Xun, lo scrittore poeta amato da Mao Tse Tung che di fatto inventò una scrittura che permettesse a una massa enorme di gente analfabeta, milioni, di scrivere e leggere. Questa scrittura si chiamava semplificata, cioè l’alfabeto non era più quello ridondante e inaccessibile delle classi dominanti ma un sistema di segni che anche un bambino poteva apprendere. E, soprattutto, il linguaggio non era quello di una grande città come Pechino ma il dialetto di una regione molto vasta popolata da gente povera e umile, lo Zhejiang (a Sud di Shanghai e che costeggia l’oceano Pacifico) che è proprio lo stesso distretto dove è sorta la città di Hanghzou quella che, come vi abbiamo detto, oggi ospita l’organizzazione con le azioni più quotate nel mondo.

Si trattava di un immenso territorio ricco di tradizioni popolari.

In questa lingua, Lu Xun ha scritto una grande quantità di racconti, anch’essi tratti dalla tradizione popolare e, fra questi, m’é capitato il colpo veramente di fortuna di potermi leggere in italiano la storia di Qu o Qiu che sta andando in scena qui a Milano al Piccolo Teatro. Naturalmente tratta di personaggi epici della Cina, del tempo in cui nascono i primi movimenti rivoluzionari, nei primi venti anni del Novecento. Storie quasi assurde e cariche di fantasticherie che però stranamente nessuno ha mai pensato di sceneggiare per poi trarne una commedia comica e tragica insieme, come sarebbe stato auspicabile. Ho chiesto intorno a vari intellettuali cinesi che ho incontrato in quel lungo viaggio se ci fosse qualcuno che in quel momento lo stesse facendo. No, gli intellettuali della Cina erano tutti presi da altri problemi: una immediata modernizzazione che Mao Tse Tung non condivideva per niente.

Ed è proprio in quei mesi, nell’ultimo anno della sua vita, che il fautore della rivoluzione cinese pubblicamente dichiarò: “Questa Cina che i dirigenti del mio partito stanno gestendo in modo tanto spregiudicato, fra non più di cinquant’anni sarà una nazione completamente capitalista.”

Roba da far salti mortali all’incontrario, tanto da superare gli acrobati del circo di Pechino.

Ma nessuno ci fece quasi caso, anzi i burocrati al potere esclamavano: “Sono sprazzi visionari di un vecchio giunto ormai al finale di partita”.

Ma il vecchio ahimè aveva colto nel segno. La profezia si è avverata con una rapidità sconvolgente. Oggi, quasi quarant’anni dopo, le biciclette in Cina non ci sono più, roba da museo. Per le strade ci sono macchine in tal quantità che par di essere a New York. La Cina sta inquinando il proprio cielo tanto da raggiungere l’atmosfera delle nazioni più evolute del mondo.

A Shanghai e a Canton ci sono grattacieli da far invidia e crear stupore all’intero mondo occidentale. Come già accennato ci sono banche che sorpassano quelle americane nel giro d’affari. E ci sono gli oligarchi, ricchi in gran quantità. Ma ci sono anche i poveri. Quasi un miliardo di poveri. E all’istante in certe zone un’enorme popolazione di contadini non ha più né terra né casa e tantomeno il minimo per la sopravvivenza.

Devono emigrare, cercare lavoro in città. Ma non sempre vengono accolti fraternamente. Qualche volta vengono scacciati. Le galere sono stracolme, resiste imperterrita anche la pena di morte e il partito comunista è al potere con i propri dirigenti intoccabili. Il paradosso dei paradossi è che ci troviamo con uno stato capitalista ben protetto da un governo assolutamente comunista ALEEEE!

La Cina oggi è la nazione che produce il maggior numero di computer e telefoni cellulari che invadono l’intero mercato mondiale.

I mercanti di abbigliamento e accessori italiani vanno in Cina ad acquistare manufatti falsi replicati dai produttori cinesi e li vengono a rovesciare sul mercato italiano ed europeo naturalmente con l’etichetta Made in Italy ben evidenza.

Tutto ciò ci ha indotto a parlare oggi dei cinesi ma impostando tutta la nostra commedia sullo scritto di Lu Xun. Una storia ambientata al tempo dei primi moti rivoluzionari della Cina come vi dicevo.

Ma abbiamo scoperto, leggendo molte biografie sulla storia di questo grande poeta, che da ragazzo subì un trauma di una violenza inaudita: suo nonno con il quale viveva e apprendeva le leggende del suo paese, venne arrestato, processato e condannato a morte proprio come il protagonista della sua storia.

E a quell’uomo egualmente fu mozzato il capo. Quindi la storia di Qu è una storia autobiografica dove situazioni dramma e politica si possono ben proiettare al nostro tempo.

La messa in scena di questa pièce è opera appassionata e faticosa di Massimo Navone – regista e direttore della Scuola di Teatro Paolo Grassi a Milano. Si tratta di uno sconvolgente visionario che ha avuto la grande fortuna di trovarsi come interpreti un gruppo di trenta fra attori, danzatori, acrobati, musici, scenografi, tutti giovani e provenienti dalle civiche scuole della Fondazione Milano: la scuola di teatro Paolo Grassi appunto, la scuola di scenografia dell’Accademia di Brera, la scuola di musica Abbado con i suoi corsi di jazz, l’Accademia dell’Arte di Arezzo, la scuola di circo 4xquattro e l’officina Zorba per la realizzazione delle maschere.

Così si è riusciti ad allestire un’opera veramente fuori da ogni regola con un protagonista particolare - Michele Bottini - che sembra appena sfornato dalla Commedia dell’Arte.

E’ chiaro che noi di questa banda di teatranti, sul successo di tutta l’operazione, scommettiamo tutto e, in particolare, scommettiamo che non finisce così con due repliche e via qui al Piccolo... ma che faremo l’impossibile, se ci date una mano, perché si vada avanti riprendendo non fra sei mesi come previsto, ma subito, immediatamente. Come diceva un antico saggio: in teatro chi perde il tram poi va a piedi o peggio in ginocchio.

Soprattutto dobbiamo piantarla di dirci preoccupati per i giovani senza futuro, facciamolo adesso questo futuro per i giovani, non dopo, quando è diventato ormai il passato!

STOP così!

Ed ora andiamo senz’altro a incominciare.

 

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STORIA DI QU di Dario Fo e Franca Rame" il 24 e 25 settembre 2014 al Piccolo Teatro a Milano

 

 

RASSEGNA STAMPA

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M5S, Fo:“Mi fido di Grillo e Casaleggio ma Farage ha valori diversi"

“A Beppe Grillo darei questo consiglio: non basta un pranzo. Non basta parlare con una persona, sapessi quante volte io sono stato ingannato. Devi essere prudente prima di allearti con Farage”.

Articolo di Ferruccio Sansa - il Fatto Quotidiano 2 giugno 2014

Dario Fo, lei non sembra convinto dell’alleanza Grillo-Farage. Ma neanche pregiudizialmente contrario…

Credo che per dare un’opinione seria e onesta occorra essere informati. E pochi di noi sanno davvero chi è Nigel Farage. Leggendo i giornali ho notato un’acredine violenta nei suoi confronti.

Le cronache parlano di un personaggio che liscia il pelo all’intolleranza, addirittura di razzismo. Non è vero?

Si è andati a cercare solo il peggio di quest’uomo. Ma leggendo, informandomi come ho potuto con persone che vivono in Inghilterra e la conoscono bene, mi pare di aver capito che non è un razzista. Sì, ha fatto delle battute stupide. Ma una battuta non riflette il modo di pensare profondo. I giornali inglesi non sono teneri con Farage… Non voglio dare un giudizio che sia un pregiudizio. Anche i giornali inglesi mi pare abbiano fatto pipì fuori dal vaso. Cercano in ogni piega nella sua vita, ma sempre partendo da un punto di vista negativo. Pensiamo che idea si farebbe uno straniero di Grillo se avesse letto i giornali italiani, soprattutto quelli asserviti al Pd.

Quindi lei esprime cautela verso Farage, ma non ostilità?

Non è un’analisi facile. Non vorrei poi avere ripensamenti o risentimento nei confronti di me stesso per essere stato troppo leggero nei confronti di quell’uomo. Credo che Grillo non faccia analisi a caso, lo conosco bene.

Però Farage è un politico di professione, il contrario del modello 5 Stelle. Ed è anche inciampato in qualche scandalo, come quello della moglie assunta come segretaria…

Non do giudizi definitivi. Però sì, mi pare una personalità in certi casi non lineare, non ancora chiarita fino in fondo. E Grillo deve fare attenzione.

Non ci sono alternative?

Certo, preferirei gruppi che hanno gli stessi interessi del M5S, come i Verdi che hanno combattuto le stesse battaglie: Tav, fabbriche, banche bastarde

In che cosa l’Ukip e il M5S le sembrano distanti?

Nell’elettorato e nelle sue aspirazioni: il M5S è stato scelto prevalentemente dai giovani, mentre l’Ukip è votato soprattutto da cinquantenni. Il Movimento poi è sempre stato segnato da uno spirito di apertura, di sguardo verso il futuro, mentre l’Ukip preferisce la chiusura, dei confini prima di tutto. Il M5S è contro questa Europa, nel senso anche di voler andare oltre, di fare perfino di più. Gli inglesi invece vogliono uscirne e basta.

Prima la sconfitta, ora Farage. Fino a una settimana fa Grillo era un eroe. E adesso?

Sì, ci sarà stato qualche errore. Ma sono stati soprattutto gli altri a giocare bene le loro carte. In sostanza il messaggio è stato: meglio i furbi che accettano ogni compromesso anche trattare con i ladri.

I critici dicono che c’è stata troppa rabbia e poca speranza nel messaggio M5S?

No, questo no. Mi sembra ipocrita, falso. Non si può mentire. Se io penso che le cose vadano cambiate alla radice devo dirlo. Siamo un popolo che andrà all’Inferno, per chi ci crede, nel terzo girone, quello degli ignavi. Non abbiamo avuto il coraggio di determinare la nostra vita. Non abbiamo dimostrato di possedere dignità e orgoglio. Che è la condizione più alta di un popolo.

Ma che cosa ha giocato allora?

La paura. È passato, anche ai giornalisti, il messaggio: attenti a voi, se votate Grillo! Essere sostenitori del M5S può costare caro. Penso a chi lavora nel teatro e poi rischia di perdere il sostegno degli enti pubblici, delle amministrazioni. È successo anche a me, da quando sono identificato come figura del Movimento ho perso dei lavori. Sono stato censurato, anche da un grande quotidiano ormai diventato il giornale del Pd. Chi viene indicato come persona vicina al M5S è avvertito.

Se va in porto l’alleanza con Farage crolla tutto?

Io mi fido della capacità di analisi di Grillo e Casaleggio. Però ricordo che Farage ha valori diversi, viene dalla destra profonda. Chi si avvicina al Movimento è attratto dalla sincerità, dall’onestà, da atteggiamenti e scelte positive, non vale lo stesso per l’Ukip. Dal Fatto Quotidiano del 2 giugno 2014


DARIO FO: "LA MIA LUCREZIA E' PIU' MODERNA DI RENZI"

 

di Redazione Cadoinpiedi.it - 9 Aprile 2014

I Borgia appaiono di gran lunga migliori dei "regnanti" di oggi secondo il premio Nobel per la Letteratura, che ha messo la "cattiva" della famiglia al centro del romanzo La figlia del Papa (Chiarelettere). "Almeno loro erano interessati a lasciare ai posteri qualcosa di straordinario, nelle arti e nelle imprese. Non avevano come unico obiettivo quello di conservare il potere" ha detto a Cadoinpiedi.it. E non ha lesinato critiche al premier. 

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Dario Fo recita a Milano "Lu Santo Jullàre Françesco"

Dario Fo torna a teatro con Lu Santo Jullàre Françesco, memorabile lavoro sulla vita del Santo d’Assisi che ha debuttato 15 anni fa ed è stato riscritto oggi per questo nuovo allestimento.  Un ritratto inedito del più straordinario innovatore del pensiero cristiano, per parlare dei grandi temi che attraversano la società contemporanea.

 

 

LU SANTO JULLÀRE FRANCESCO scritto e interpretato da Dario Fo 

con la collaborazione di: Jessica Borroni, Michela Casiere, 

Chiara Porro e Luca Vittorio Toffolon 

Assistente alla regia: Fabrizio De Giovanni  - Direttore di scena: Maria Chiara Di Marco 

Macchinista: Eliel Ferreira produzione - Compagnia Teatrale Fo Rame 

Organizzazione: Itineraria Compagnia Teatrale - Ufficio Stampa: Ippolita Aprile

 

Il Premio Nobel per la letteratura nel ’97 torna in scena a Milano, il 14 Aprile 2014 alle ore 21.00 sul palcoscenico del Teatro degli Arcimboldi , con un racconto teatrale in cui prendono vita personaggi dell’Italia medievale, dai semplici contadini ai Cardinali e addirittura ai Papi. La realtà storica e la tradizione popolare si intrecciano nel ripercorrere alcuni dei momenti più significativi della vita del Santo d’Assisi: la richiesta di approvazione della Regola al Papa Innocenzo III, la predica agli uccelli, la malattia agli occhi…

Lavorando su leggende popolari, su testi canonici del Trecento e su documenti emersi negli ultimi due, tre secoli Dario Fo elabora un’immagine non agiografica di San Francesco: spogliato dal mito, ritroviamo un personaggio provocatorio, coerente, coraggioso, ironico. Del resto era lo stesso Francesco a definirsi “jullare al servizio di Dio”, e questo proprio negli anni in cui l’imperatore Federico II promulgava un editto contro i “Joculatores obloquentes” considerandoli buffoni osceni. Un eretico di fatto, la cui storia è tornata alla ribalta ai giorni nostri con la salita al soglio di Pietro del nuovo pontefice, e qui riproposta in una versione inedita in volgare umbro medievale.

Dice Fo: “Della giullarata Francesco conosceva la tecnica, il mestiere e le regole assolute. Non teneva mai prediche secondo la convenzione ecclesiastica, anzi, rifiutava l’andamento del sermone. Sappiamo pure che cantava, recitava e “di tutto lo suo corpo fasea parola” come testimonia un cronista del suo tempo; nei suoi sermoni suscitava divertimento ma anche commozione fra i presenti che lo ascoltavano”.

La storia medievale, i miti e le leggende si intrecciano all’attualità e alla storia contemporanea, grazie alla maestria giullaresca di uno straordinario Dario Fo.

In collaborazione con SLOW FOOD FOR AFRICA:

L’intero incasso della serata sarà devoluto al progetto di Slow Food volto a realizzare 10.000 orti in Africa al fine di promuovere il diritto alla sovranità alimentare delle comunità locali. Slow Food sta creando una rete di giovani che lavorano per salvare la straordinaria biodiversità dell’Africa, per valorizzare i saperi e le gastronomie tradizionali, per promuovere l’agricoltura familiare e di piccola scala. I 10.000 orti sono lo strumento concreto per realizzare questo sogno. Per maggiori informazioni su questo progetto CLICCA QUI

 

 DOVE ACQUISTARE I BIGLIETTI 

- Biglietteria del Teatro degli Arcimboldi

Viale dell'Innovazione, 20 – Milano tel. 02 64 11 42 212/214

Da lunedì a venerdì dalle 14.00 alle 18.00 orario continuato

- Online su  TicketOne.it

Prezzo: biglietto intero: 20 euro - biglietto ridotto: 15 euro (under 25, over 65)